1. Una fragilità? Sono molto emotiva e partecipe ai sentimenti – piacevoli e no – di persone e animali. Questo intenso coinvolgimento mi fa spesso soffrire ma anche riflettere.
2. Un punto di forza? Ho una grande fiducia nella mia capacità di reinventarmi, anche nelle situazioni difficili. Credo che sia una delle mie vere risorse. Cado, mi faccio male, rimango a terra in lacrime, poi, dopo un po’… un cerotto e via!
3. Libri preferiti? Sono sempre stata affascinata dalle biografie interiori, cioè da quei racconti in cui gli avvenimenti esteriori rappresentano solo lo sfondo o il pretesto per raccontare quella che è la vera storia, val a dire la storia interiore di un personaggio. Quel tipo di letteratura mi offre le parole per riconoscere e nominare sfumature, contraddizioni, stati d’animo che intuisco, o che mi sono familiari, senza saperli esprimere, ovvero, mi offre “le parole per dirlo”, come recita il titolo di un bel libro della scrittrice Marie Cardinal. In questo modo, entrando nel mondo dell’altro, mi si aprono anche stanze nuove o poco esplorate della mia casa interiore.
Negli ultimi anni, ho notato con sorpresa un crescente desiderio di leggere anche romanzi di tutt’altro tipo: romanzi storici, affreschi di società lontane da quella occidentale, racconti di viaggio… Sono felice di questa mia nuova curiosità. E’ un’apertura inaspettata.
4. Un limite? Vorrei essere perfetta.
5. Pratiche filosofiche? Incontro lo sguardo calmo, intenso del mio gatto Billy. Mi fermo, ricambio il suo sguardo, dialoghiamo in silenzio.
Sbuccio una carota, sento la superficie ruvida al tatto, ammiro il bel colore arancione, annuso il profumo di campo e di terra. Cerco di essere lì, nel presente, nel mio gesto con la carota.
Vado a vedere una mostra di arte contemporanea. Subito si sveglia dentro di me il desiderio di comprendere, catalogare, inquadrare con il pensiero quello che vedo e il sottile dubbio che me ne possa sfuggire la complessità. Mi viene in mente un suggerimento della psicoanalista Marion Milner e decido di lasciare il mio Io in guardaroba insieme allo zaino. Questo “gesto interiore della mente” (Marion Milner) si rivela ogni volta sorprendentemente liberatorio. Lasciare l’Io nel guardaroba significa – almeno per me – appendere anche il pensiero giudicante, con tutti i suoi saperi, lì ad una gruccia.
Attenzione. Presenza. Prendere le distanze dall’Io. Sono queste alcune pratiche filosofiche che cerco di integrare nella mia vita, quotidianamente.
Non me le ricordo sempre ma sempre più spesso.